Le ulcere arteriose (o ISCHEMICHE) costituiscono il 25% delle lesioni vascolari nell’arto inferiore.
L’insufficienza arteriosa periferica cronica è una sindrome clinica legata alla riduzione della portata ematica distrettuale di uno o di entrambi gli arti secondaria sia ad aterosclerosi (80% dei casi), sia ad altre cause (es. infiammatorie) per le quali restano validi gli stessi concetti fisiopatologici ed etiopatogenetici.
L’arteriopatia obliterante periferica (AOP) è una patologia caratterizzata dalla riduzione del flusso di sangue lungo le arterie delle gambe che vengono parzialmente o completamente ostruite da placche ateromatose (depositi di lipidi che si accumulano sulle pareti delle arterie caratterizzandone il restringimento di calibro e riduzione di flusso).
L’AOP colpisce prevalentemente i maschi e la sua frequenza aumenta con l’età, specie dopo i 60 anni, mentre le donne sono relativamente protette, almeno fino ai 70 anni.
In seguito, il rischio tra i due sessi tende a pareggiarsi.
Quando la malattia interessa i vasi che portano il sangue alle gambe, alle volte, si hanno una serie di disturbi, più o meno invalidanti, il più caratteristico dei quali è la claudicatio intermittens (zoppicare in maniera discontinua nel tempo).
I soggetti affetti da claudicatio, infatti, dopo aver percorso un tratto di cammino più o meno lungo (a secondo della gravità della malattia) sono costretti a fermarsi per la comparsa di intensi dolori (o crampi) all’altezza del polpaccio fino ad arrivare alla caviglia.
E’ sufficiente fermarsi e riposarsi per alcuni secondi, per stare meglio e poter riprendere a camminare, salvo doversi nuovamente fermare dopo aver percorso un tratto di strada di uguale lunghezza.
Questo problema, come già detto in precedenza, è provocato dalla riduzione del flusso di sangue lungo le arterie malate, parzialmente o completamente ostruite.
Tutti gli studi hanno confermato che lo sviluppo dell’arteriopatia ostruttiva periferica è strettamente collegato al vizio di fumare e, continuare a fumare anche dopo la comparsa dei primi disturbi, contribuisce ad aggravare la malattia.
Il diabete mellito è altrettanto importante nello sviluppo della malattia ed i diabetici, non solo hanno più probabilità di avere l’arteriopatia ostruttiva periferica, ma rischiano, di più, un’evoluzione della verso forme più gravi.
Anche ipertensione e ipercolesterolemia ne favoriscono la comparsa.
I disturbi dell’arteriopatia ostruttiva periferica sono molto variabili e dipendono dalla gravità dell’ostruzione delle arterie e dallo sviluppo dei cosiddetti circoli collaterali.
È evidente che placche piccole e scarse non riducono di molto il flusso del sangue e causano pochi o nessun disturbo, mentre se sono grosse e numerose, possono chiudere completamente i vasi e permettere solo ad una piccola quantità di sangue di raggiungere le gambe con gravi conseguenze.
Bisogna dire, però, che il nostro organismo, in questi casi, corre ai ripari attraverso la costruzione di nuovi vasi sanguigni che cercano di aggirare il blocco. Queste arterie di nuova formazione, finiscono per costituire una rete, che i medici chiamano circoli collaterali , che nascono sopra l’ostacolo, lo aggirano e si inseriscono, di nuovo, nei vasi principali sotto l’ostruzione. Si tratta, in pratica, di veri e propri by-pass naturali. Circoli collaterali ben sviluppati possono rimediare a gravi ostruzioni e, dall’altra parte, ostruzioni più modeste, ma non adeguatamente riequilibrate da circoli collaterali validi, possono dare disturbi più gravi.
L’arteriopatia ostruttiva periferica, con placche modeste o buoni circoli di compenso, può essere asintomatica , cioè non causare alcun disturbo, ed è identificabile solo con un’attenta visita ed un esame ecodoppler.
In casi più gravi, invece, compare la claudicatio intermittens, con autonomia di marcia sempre più breve man mano che la malattia si aggrava.
A volte questi pazienti possono fare solo pochi passi prima d’avvertire dolore e finiscono con il ridurre sempre più le loro attività e il raggio del loro cammino, circoscritto allo spazio di casa. Nei casi più preoccupanti, la quantità di sangue che raggiunge le gambe è insufficiente anche se il paziente non cammina. Il dolore si fa continuo, anche a riposo, soprattutto di notte. Da qui ai casi estremi, il passo è breve.
Le ostruzioni sono estese a tal punto che solo una piccolissima quantità di sangue raggiunge i tessuti (muscoli, cute e sottocute) ed è inadeguata a mantenerli in vita.
A questo punto la pelle si ulcera e si formano piaghe e gangrene più o meno vaste che possono richiedere, nei casi più gravi, amputazioni estese.
STADIAZIONE di Lériche – Fontaine della PAOD | |
STADIO I | Assenza di sintomi |
STADIO II | Claudicatio intermittens con intervallo libero di marcia
<200m (IIA) o >200m (IIB) |
STADIO III | Comparsa di dolore a riposo, dopo alcune ore di decubito
clinostatico (IIIA) o al primo decubito clinostatico (IIIB) |
STADIO IV | Lesioni trofiche (ulcera e/o gangrena) |
Bisogna dire che l’AOP è una delle manifestazioni dell’arteriosclerosi che interessa le arterie che portano il sangue alle gambe – aorta addominale, arteria iliaca, femorale e poplitea, ma, in realtà, è solo un aspetto di una malattia più diffusa che colpisce tutti i vasi del corpo.
In pratica, il danno è esteso anche alle arterie che irrorano il cervello, il cuore e gli organi addominali.
Il paziente con AOP, specie se ha già disturbi alle gambe, rischia, perciò, di avere, nel giro di pochi anni, un infarto al cuore o un ictus cerebrale.
Le manifestazioni a livello degli arti inferiori hanno, in confronto, un andamento relativamente migliore, perché solo 2 pazienti con claudicatio su 10, peggiora nel corso degli anni, e solo 5 su 100 richiedono d’interventi chirurgici.
La gran maggioranza dei pazienti con AOP non peggiora o addirittura migliora per quanto riguarda la circolazione delle gambe, grazie allo sviluppo di buoni circoli collaterali e i rischi maggiori sono perciò, quelli, per il cuore e la circolazione del cervello.
Anche i soggetti asintomatici con AOP, quelli cioè con placche diffuse alle arterie delle gambe ma senza alcun disturbo nel camminare, hanno un rischio maggiore da 2 a 5 volte, di avere ictus o infarti, nel corso degli anni.
Scoprire precocemente d’avere un’AOP permette di intervenire per tempo sui fattori di rischio (fumo soprattutto, ma anche ipertensione e colesterolo alto) in modo da ridurre il pericolo di avere un infarto o un ictus.
È bene, perciò, che chi ha uno o più fattori di rischio sappia cogliere precocemente i segni di un’eventuale insufficienza della circolazione arteriosa alle gambe.
Le caratteristiche del dolore permettono di distinguere l’arteriopatia ostruttiva periferica da altre malattie che causano dolore alle gambe. Il dolore da claudicatio compare dopo un certo tratto di cammino, si attenua e scompare rallentando la marcia o fermandosi.
Il dolore da altre cause (malattie dei nervi come la sciatica) non si attenua arrestando il cammino, ma anzi, spesso aumenta con lo stare in piedi o seduti.
La localizzazione del dolore, inoltre, ci fa capire dove è il problema: il dolore al polpaccio è il risultato di danni a livello dell’arteria femorale superficiale, mentre il dolore alle cosce o alle natiche è segno di ostruzioni di arterie più alte, come le arterie iliache e l’aorta.
In quest’ultimi casi, spesso, è presente nell’uomo impotenza sessuale, poiché il flusso di sangue agli organi genitali è gravemente compromesso.
Le cure dell’ARTERIOPATIA OBLITERANTE PERIFERICA hanno tre obiettivi:
- Arrestare il peggioramento dell’arteriosclerosi in tutto l’organismo e ridurre il rischio d’infarto e ictus.
- Migliorare la qualità di vita di questi pazienti, cercando di recuperarli ad una vita più attiva e consentire loro di camminare il più possibile, senza dolore.
- Impedire la comparsa di piaghe e gangrene.
Per conseguire il primo obiettivo è necessario agire sui fattori di rischio, in primo luogo il fumo. Cessare l’abitudine di fumare è essenziale, perché riduce immediatamente i rischi, anche se sono necessari anni per annullarli del tutto.
Raccomandazioni
- Camminare lentamente per cercare di percorrere il maggior percorso possibile anche dopo la comparsa del dolore.
- Evitare traumi ai piedi che possono favorire la comparsa di piaghe, ulcerazioni e infezioni (raccomandazioni rivolte, particolarmente, ai pazienti diabetici).
- Segnalare al proprio medico qualsiasi trauma ai piedi, la comparsa di dolore a riposo o improvvise modificazioni del colore e temperatura della pelle dei piedi e delle gambe.
È importante che l’astensione dal fumo sia completa perché anche una sola sigaretta al giorno può aggravare i danni delle arterie. Il secondo obiettivo è raggiungibile con l’esercizio fisico.
Camminare, infatti, favorisce lo sviluppo di circoli collaterali e consente di aumentare gradatamente il tratto di cammino percorso, così che questi pazienti possono allungare la marcia senza dolore anche per più di 200 metri.
Sembra che i risultati migliori si abbiano quando i pazienti continuano a camminare anche dopo la comparsa del dolore, cercando di resistere il più possibile perché, probabilmente, si favorisce in tal modo lo sviluppo di circoli collaterali.
Molti medici sono dubbiosi che l’attività fisica eseguita solo su consiglio, senza supervisione d’esperti, sia utile a migliorare l’autonomia di marcia e consigliano di rivolgersi sempre a centri riabilitativi competenti.
È bene dire che il migliore esercizio è proprio il camminare, mentre altri esercizi, come l’andare in bicicletta, non hanno effetti benefici.
I diabetici devono porre particolare cura per i piedi allo scopo di prevenire traumi ed infezioni. Devono, inoltre, scegliere calzature adatte che non ostacolino la circolazione a livello del piede.
Poiché la pressione alta è un fattore di rischio per l’AOP, i medici raccomandano di tenere la pressione controllata, preferibilmente sotto 130 la massima e 85 la minima.
L’aspirina e altre sostanze che contrastano la tendenza delle piastrine ad aggregarsi sulla placca arteriosclerotica, per questo motivo chiamate antiaggreganti, sono comunemente prescritte ai pazienti con AOP. Questi farmaci sono in grado di rallentare l’evoluzione della malattia e ridurre la necessità di intervenire chirurgicamente.
L’aspetto più importante di queste cure non riguarda, però, la circolazione degli arti inferiori, ma la loro capacità di prevenire l’infarto cardiaco e l’ictus, poiché, come detto, l’AOP è soprattutto la spia di un’arteriosclerosi grave e diffusa.
Queste cure sono, perciò, indicate solo in particolari casi. I pazienti con improvviso peggioramento dei disturbi, infine, devono ricorrere alle cure del chirurgo vascolare per valutare la possibilità di un intervento di rivascolarizzazione o un’angioplastica.
INDICE ABI (ankle brachial index) – Indice Pressorio Caviglia Braccio
L‘indice pressorio caviglia-braccio ABI (Ankle/Brachial Index) o Indice di Winsor è un metodo semplice per quantizzare la gravità delle stenosi e/o delle occlusioni delle arterie degli arti inferiori ma viene anche utilizzato come test non invasivo per lo screening delle malattie cardiovascolari e dell’aterosclerosi preclinica.
Un basso valore di ABI è infatti associato ad alta mortalità per malattie cardiovascolari.
L’indice caviglia-braccio (ABI, ankle-brachial index) è il rapporto tra il valore di pressione sistolica misurato alla caviglia e il valore di pressione sistolica più elevato misurato a livello dei due arti superiori. Esso riflette la severità dell’arteriopatia obliterante degli arti inferiori, che si caratterizza per una riduzione della pressione arteriosa a valle di una lesione stenosante. Può essere utilizzata la pressione misurata a livello sia dell’arteria tibiale posteriore sia dell’arteria dorsale del piede.
E’ importante notare come ognuna di esse rifletta allo stesso modo lo stato dei segmenti arteriosi aorto-iliaco e femoro-popliteo, in modo diverso lo stato delle arterie tibiali: pertanto, l’indice caviglia-braccio risultante può essere differente.
Una pressione sistolica misurata a livello degli arti superiori di 120 mmHg e una pressione sistolica misurata a livello della caviglia di 60 mmHg generano un indice caviglia-braccio di 0,5 (60/120). L’indice caviglia-braccio è inversamente correlato alla severità della patologia.
Un valore di indice caviglia-braccio a riposo <0,9 è considerato patologico.
Valori inferiori corrispondono a un’arteriopatia obliterante periferica progressivamente più severa e a una claudicatio invalidante.
Un valore di indice caviglia-braccio <0,3 è congruo con un’ischemia critica, dolore a riposo e perdita di tessuto.
ABI | Significato |
> 0.9 | Arteriopatia improbabile |
0.9>0.6 | Arteriopatia moderata |
<0.6 | Arteriopatia altamente probabile, con lesione stenotica od ostruttiva segmentaria |
< 0.5 | Arteriopatia severa, verosimilmente con più lesioni lungo l’asse arterioso |
Perchè è importante conoscere il VALORE dell’ABI:
- diagnosi di arteriopatia periferica
- valutazione della perfusione dell’arto
- screening dell’aterosclerosi preclinica
- diagnosi di deficit perfusivo arterioso in pazienti con ulcere agli arti inferiori
- prescrizione di terapia con calze o bende elastiche (sconsigliata con ABI < 0,6)
- valutazione del rischio di eventi cardiovascolari e di mortalità Studi epidemiologici hanno evidenziato che, un basso valore di ABI, si associa ad un aumento di mortalità, infarto miocardico e stroke.
Questo aumento del rischio relativo è indipendente da malattie cardiovascolari di base e fattori di rischio.